“Siamo quello che mangiamo”, diceva il filosofo tedesco Feuerbach. Mai frase fu più vera in un’epoca in cui, parallelamente alla crescita smisurata dell’utilizzo delle risorse naturali, cresce anche l’interesse dei consumatori verso i problemi legati alla sostenibilità. Consumatori sempre più giovani, che scelgono prodotti bio o naturali, sempre più attenti alle nuove tendenze e al benessere non solo di sé stessi, ma anche dell’ambiente che li circonda.
Cosa significa al giorno d’oggi, per un prodotto, essere veramente naturale? Ovviamente, si implica – prima di tutto – il concetto vero e proprio di “naturale”, che è da sempre sinonimo di sicurezza e familiarità. Alzi la mano chi, al supermercato, non è stato almeno una volta indeciso su quale prodotto prendere e alla fine ha optato per quello che espone in bella mostra la dicitura “naturale”, “green”, “bio”, oppure aveva un packaging verde o biodegradabile. Una volta che i consumatori diventano sempre più consapevoli e si rendono conto dell’offerta sempre più ampia di cui possono usufruire, si passa a una sfida superiore: oltre all’appagamento personale, vogliono che la dicitura “naturale” sia supportata anche da azioni compiute nel rispetto dell’ambiente. Si aspettano dunque una certa responsabilità sociale, un buon livello di sostenibilità che coinvolga l’intera filiera e dei processi produttivi eticamente corretti, e da qui sceglieranno in base alla reale funzionalità ed efficacia di ciò che acquistano.
La sostenibilità diventa perciò il valore nuovo da promettere al consumatore: non si parla più del tipico “nice to have”, un plus, una qualità che fa bene avere; ma letteralmente di un vero e proprio “must have”, ormai imprescindibile, che rappresenta il fattore discriminante nella scelta di un prodotto piuttosto che un altro. I consumatori diventano ogni giorno più interessati non tanto al prodotto in sé, ma a tutto ciò che sta dietro, ovvero l’intero processo produttivo e i valori aziendali: vogliono sapere chi lo produce, cosa fa, quando è stato realizzato, da dove provengono gli ingredienti e perché è stato creato.
Naturalmente, il rischio di essere ingannati dal greenwashing è sempre dietro l’angolo: ecco perché, per affrontare pratiche scorrette e claim ingannevoli, i produttori avranno bisogno di assicurare che qualsiasi promessa e affermazione siano verificabili. Come? Scegliendo di farsi certificare. Questo aspetto riveste un’importanza fondamentale in un campo come quello della cosmesi, ad esempio, in cui a causa dell’assenza di un quadro normativo effettivo c’è una netta demarcazione tra chi sceglie di essere trasparente con la certificazione e chi invece si limita a “inverdire” gli INCI, eliminando tutti gli ingredienti più sgraditi ma non intervenendo concretamente ai fini di un processo produttivo più sostenibile.
In una realtà in cui produrre, acquistare e consumare il biologico diventerà sempre più la “normalità” e sempre meno “un’alternativa”, la sostenibilità – quella vera – non può che partire dalla certificazione bio.